Il pubblico si è trasferito su altri pianeti? Il quesito di questo terzo numero è
d’autore e viene da lontano, da una constatazione che ha compiuto più di trent’anni.
Nel 1980 Fellini, deluso per l’accoglienza riservata al suo film La città delle donne,
fece un giro delle sale di Roma per verificare che “il pubblico si era trasferito su un
altro pianeta, non c’era più” come riferì Tullio Kezich (in Federico. Fellini, la vita
e i film, Feltrinelli). Nei giorni del Bif&st, dedicato quest’anno al ventennale della
scomparsa del regista riminese, abbiamo deciso di lasciarci guidare dal senso di
smarrimento che lo prese quando andò per sale deserte. Perché, di certo, s’impone
una riflessione sul ruolo della sala cinematografica in questo momento di crisi, di
disaffezione del pubblico, di preoccupati gridi di allarme e appelli per il salvataggio
delle sale da parte degli esercenti.
Riflessione forse tardiva, ma comunque necessaria.
Questa rivista che state leggendo è espressione di un Circuito D’Autore creato
come presidio del cinema d’autore convinti che andasse difeso e, insieme, divulgato
a vantaggio dello spettatore. È stata una strada imboccata in anticipo, quando i venti
di crisi che ora flagellano la sala soffiavano, certo, ma non a tutti questi nodi, credendo
che una strada possibile fosse quella di specializzare al massimo un gruppo di sale,
diversificandone la proposta e rendendole uniche e, pertanto, irrinunciabili per uno
spettatore che diventava ‘d’autore’ e, di conseguenza, sempre più consapevole,
sempre più legato all’esperienza cinema.
Perché, come suggerisce nella risposta al quesito, Enrico Magrelli, ora è tempo di
riconquistare elettori – spettatori alla sala e trovare il modo giusto di farlo.
Cercando soluzioni. Come fanno alcuni cinema che riscoprono una caratteristica
originaria della sala – di quando il Cinema nacque – ovvero la poliedricità.
Dalle rassegne in lingua originale a cicli per neomamme, fino alla visione di opere
e concerti in diretta.
Un’altra soluzione, la più auspicabile, sarebbe cercare di leggere fino in fondo il
proprio tempo e i vari pianeti abitati dagli spettatori, altrove dalla sala.
Perché il cinema ormai non si vede più solo al cinema e questo è sotto gli occhi
di tutti, si vede su tv, pc, smartphone, dvd, piattaforme web. Ed è per questo che
appaiono anacronistici tanto il monopolio della distribuzione dall’alto, quanto
il sistema di finestre, quel tempo fisso che divide l’uscita in sala da home video,
tv a pagamento e tv generalista. Tempi lunghi che sono come porte chiuse in faccia
ai tanti pubblici che compongono l’audience contemporanea.
Ma la sala in tutto questo può ancora giocare un ruolo fondamentale, soprattutto in
un momento di digitalizzazione, perché ha quello che gli altri supporti non hanno.
“Il cinema è luce” dice Fellini dai cartelloni del Bif&st in giro per Bari.
E ai gestori della luce passa la parola, perché, è altamente sconsigliabile accecarsi
davanti a tutto questo divenire (come questi tempi, gravidi di rapido divenire, ci
stanno insegnando).
Angelo Ceglie
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