Da qualche mese Branko, un ex insegnante di Rijeka, è diventato camionista per un’azienda di trasporti italiana. Adesso guadagna tre volte tanto rispetto al suo stipendio d’insegnante di prima. Eppure tutto ha un prezzo, anche se non sempre quantificabile in denaro. Da piccoli ci dicevano: “il lavoro nobilita l’uomo”. Ma qui sembra diventato vero il contrario: è Branko, con la sua efficienza, la sua ostinazione, la sua buona volontà, a nobilitare un lavoro sempre più alienante, assurdo, schiavizzante.
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racconta un mondo a metà strada tra la vita civile e il nulla, una frontiera che(...)è tanto fisica quanto spirituale. Lo sguardo di Fasulo è allo stesso tempo obiettivo e vicino ai volti dei protagonisti(...)li segue, ne esamina le crepe del volto, le espressioni sofferte(...). Tir parla di crisi economica(...)ma cerca di prenderla da un altro punto di vista(...). Lo stile scelto da Fasulo spiazza: sembra di guardare un documentario, e si potrebbero spendere fiumi di parole su questa sorta di declinazione autoriale del “found footage”. Tutto è raccontato come fosse vero, nessuno “recita”, e questo implica che sia stato fatto un enorme lavoro di improvvisazione per catturare la realtà. In questo senso, Tir, pur essendo un racconto di finzione(...)può essere considerato comunque il documentario su un film fatto senza sceneggiatura, la rappresentazione di una realtà che vuole rappresentare la realtà.
Tratto da film.it