Ivan Locke (Hardy) ha lavorato sodo per costruirsi la sua vita. Ha la famiglia perfetta, due figli e una moglie che l’aspettano per la partita da gustare insieme in tv. Ha un lavoro che ama e per cui ha un’abilità unica. Ma nella notte in corso quella vita gli crolla addosso. Alla vigilia della sfida più grande di tutta la sua carriera, una colata storica di calcestruzzo, Locke decide di lasciarsi tutto alle spalle per assumersi tutte le responsabilità di quello che forse è stato l’unico atto irrazionale della sua esistenza.
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Locke, cui Tom Hardy fornisce un'interpretazione di impressionante intensità emotiva, è come un odierno Caronte in direzione ostinata e contraria: deve traghettare la sua anima dall'inferno, in cui lo spingerebbe l'inerzia della cose, alla salvezza, dove vorrebbe portarlo la sua determinazione e ansia di redenzione.
In questo on the road tra buio e luce - che la fotografia esalta con un sapiente gioco di trasformazioni cromatiche, sfumature, dissolvenze incrociate: dal giallo al nero e ritorno - Locke è solo, ma in costante tensione dialogica. A scandire il tempo della narrazione e le tappe del viaggio sono le telefonate che continuamente fa e riceva mentre procede, inflessibile, sulla sua strada. Telefonate che in un crescendo di tensione, ora stringono ora allargano intorno a lui la tenaglia degli eventi. La situazione non è sotto controllo.
Tratto da cinematografo.it