La fabbrica chiude e licenzia, l’ennesima nel torinese. Addio posti di lavoro, addio identità, addio certezze. Salvatore Brogna, operaio, si arrampica sulla torre della fabbrica, per protesta o forse solo per rabbia cieca, minacciando di buttarsi giù. Giorgio, operaio rappresentante sindacale (…) arriva per salvarlo dalla caduta. Il terzo, ipovedente e autistico, custode assunto come categoria protetta, si aggiunge scalando eroicamente la torre per fare loro compagnia. Nell’ arco di una notte, abbandonati da tutti (…) questi tre punti di vista così diversi sul mondo ripercorrono gli ultimi trent’ anni della vita del Paese (…). Anni di occasioni sprecate, di speranze tradite, di crimini e stragi, di ribaltoni e giochi di potere. Li rivediamo anche noi questi anni attraverso il montaggio del materiale d’archivio e, come contraltare di questa danza perversa degli eventi (…) rimane il semplice buon senso di tre uomini senza alcun potere, appesi in cima ad una torre, che aspettano qualcuno (…).
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Film coraggioso ma manicheo, col pilota automatico civile che parte ma resta impantanato negli opposti estremismi psico caratteriali da ripresa esterna di Santoro. Al cinema temiamo possa non avere pubblico nonostante Pannofino e Citran ce la mettano tutta.
Tratto da Il Corriere della Sera