Il film ripercorre la vicenda umana e artistica dei due Keane, dalle nozze al divorzio dovuto proprio ai dissapori sulla paternità della loro prole pittorica. Margaret aveva accusato il marito, un vero genio del marketing, di essersi appropriato delle sue creazioni, smerciandole come opere sue in infinite riproduzioni a costi stracciati e facendosi bello in mille talk show. Finirono in tribunale, dove il marito cercò di farla passare per pazza e il giudice cercò la verità invitandoli a un “duello a olio”. Lui rifiutò, giustificandosi con un male terribile alla spalla, lei eseguì un ritratto in cinquantatré minuti. Era il 1986: lei fu autorizzata a firmare da quel momento i quadri, e lui condannato a un risarcimento di quattro milioni di dollari.
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Il film vive al di là di lui, è una buona storia, con una buona sceneggiatura, due ottimi attori e una confezione impeccabile, questa sì doc (...). Non è la svolta annunciata, ma un gioco a nascondino. In definitiva Big Eyes sta a Burton come il dipinto sta alla Keane. Con la differenza che la paternità, nel caso del film, resta dubbia fino alla fine.
Tratto da cinematografo.it